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I vaccini contro SARS-COV-2 in arrivo in Italia: che cosa sono? Come funzionano?

Che differenza c’è tra il vaccino prodotto dalla Pfizer e quello di Moderna? Che effetti hanno sulla cellula dell’organismo in cui entrano? Come inducono l’immunizzazione? Quale è il migliore per efficacia e sicurezza? Cerchiamo di dare, forse, qualche risposta. Partiamo da alcune premesse. Il virus che ha paralizzato il mondo è meno “intelligente” e complicato di molti altri: tiene sempre ben in mostra la propria principale arma di attacco, la proteina Spike (=spina), che come un’antica macchina da guerra romana (vinea), si aggancia al proprio recettore sulla superficie delle cellule bersaglio, permettendone l’invasione da parte del virus stesso. In questo modo, però, esso si rende ben riconoscibile dal nostro sistema immunitario, stimolando, quindi, la nostra capacità di difesa. Anche per questo motivo, Spike è stata la proteina prescelta per la realizzazione di vaccini contro il virus: al traguardo delle sperimentazioni sono arrivati per primi due vaccini a RNA messaggero (mRNA), prodotti da Pfizer (1) e da Moderna (2), messi a punto sfruttando alcune situazioni uniche.
1) il 2020 è stato caratterizzato a livello mondiale dalla conversione di molti programmi di ricerca a progetti finalizzati esclusivamente a caratterizzare i diversi aspetti biologici e molecolari del virus SARS-COV-2: si è assistito ad un’esplosione di conoscenze e di pubblicazioni unica nella storia della ricerca scientifica, che ha fornito una base intellettuale eccezionale allo sviluppo dei vaccini stessi;
2) a corollario e conseguenza del punto 1, una straordinaria quantità di finanziamenti sono stati erogati in tutto il mondo unicamente alla ricerca su SARS-COV-2;
3) la sequenza del genoma virale è stata “letta”, confermata e aggiornata migliaia di volte da laboratori di tutto il mondo;
4) per la produzione dei vaccini sono state utilizzate e affinate tecnologie del tutto innovative, frutto di scoperte rivoluzionarie nell’ambito della biologia molecolare e cellulare.
Come funzionano questi due vaccini? I vaccini prodotti da Pfizer e Moderna si basano sulla tecnica a “RNA messaggero” (mRNA), senza dubbio innovativa e all’avanguardia per questo tipo di prodotto. Riprendiamo un concetto base di biologia molecolare.  Le istruzioni per la produzione di tutte le proteine di una cellula sono racchiuse nel DNA, custodito all’interno del nucleo. Per poter sintetizzare ogni singola proteina, la cellula sintetizza una copia di queste istruzioni, l’RNA messaggero (mRNA), che è in grado di uscire dal nucleo e nel citoplasma essere decodificato dai ribosomi, deputati a leggere le informazioni in esso contenute e costruire la proteina corrispondente. Nel caso dei vaccini prodotti da Pfizer e Moderna, l’mRNA che codifica la proteina Spike viene veicolato all’interno delle cellule attorno al luogo dell’iniezione all’interno di una piccola sferetta lipidica (cioè molecole di grasso), chiamata lipoparticella, che ha la funzione di proteggerlo e di permettergli l’entrata nelle cellule. Una volta all’interno del citoplasma, l’mRNA codificante per Spike sarà indistinguibile da quella normalmente prodotto dalla cellula e questa iniziera’ a produrre la proteina Spike, come se facesse parte del suo normale corredo proteico. Spike viene rilasciata all’esterno delle cellule “immunizzate”, ma non sfugge alla sorveglianza del nostro sistema immunitario, che la riconosce come “non propria” e quindi attiva nei suoi confronti una risposta immunitaria specifica. Sia l’mRNA che codifica per la proteina Spike, sia la proteina stessa hanno una vita limitata nel tempo (come tutti gli mRNA e le proteine cellulari vengono distrutti naturalmente dalla cellula), quindi è garantito lo “spegnimento” della produzione della proteina virale, dopo aver scatenato la risposta immunitaria specifica. La differenza tra i vaccini prodotti dalle due aziende risiede principalmente nella formulazione delle nanoparticelle in cui è “inscatolato” l’mRNA: nel caso del vaccino Moderna, le lipoparticelle sono più termostabili rispetto a quello Pfizer, che risulta più sensibile alla temperatura. Le altre caratteristiche sono del tutto sovrapponibili: entrambi i vaccini veicolano l’mRNA per Spike, richiedono un’iniezione di richiamo e innescano una protezione efficace dopo almeno 10 giorni dalla somministrazione. Per quanto riguarda la durata della protezione, anticorpi specifici sono presenti dopo sei mesi all’immunizzazione. Non sono ancora disponibili dati a tempi più lunghi. Resta ancora da chiarire se un soggetto vaccinato non si ammali o possa diventare un portatore sano. Gli studi pubblicati non hanno ancora valutato questi aspetti e i prossimi mesi saranno essenziali per dare una risposta ai molti quesiti ancora senza risposta.

(1) Polack F.P., et al., NEJM, 2020
(2) Corbett K. S., et al., NEJM, 2020

Chiara Collesi