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I bambini sono davvero più immuni al COVID-19?

I bambini costituiscono una piccolissima percentuale dei malati di COVID-19: per quale ragione? Numerose ipotesi sono state formulate per spiegare questo dato: vediamone alcune. È stato osservato che il sistema immunitario dei bambini reagisce all’infezione ed elimina il virus in modo più efficace di quanto non facciano gli adulti, così come accade in generale per i virus “nuovi” con cui vengano a contatto. In uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Communications (1), tre bimbi della stessa famiglia hanno sviluppato anticorpi contro SARS-CoV-2, ma nessuno di essi è mai risultato positivo al virus (11 tamponi oro-faringei in 28 giorni), a dispetto della forte positività dei genitori.  Come si può giustificare un’evidenza del genere? È questa l’ennesimo caso di fallimento dei test molecolari? Di fatto, non è così. Il sistema immunitario dei bambini riconosce la particella virale come estranea e innesca una risposta incredibilmente veloce ed efficace che la inattiva immediatamente, prima che il virus abbia l’opportunità di replicarsi tanto da diventare identificabile da un normale tampone oro-faringeo, dice Melanie Neeland, immunologa al Murdoch Children’s Research Institute in Melbourne, Australia, che ha studiato la famiglia. Donna Farber, immunologa alla Columbia University in New York City, afferma che la tipologia degli anticorpi prodotti dai bambini infettati può confermarci questa ipotesi. Paragonando la risposta anticorpale innescata dal virus in 32 adulti e 47 bambini, I ricercatori hanno notato che solo gli adulti hanno prodotto anticorpi contro proteine necessarie nelle fasi tardive del suo ciclo replicativo virale, mentre I bambini hanno avuto una risposta anticorpale specifica verso la proteina Spike, necessaria al virus nelle primissime fasi della sua infezione, per agganciarsi alle cellule infettate. La presenza esclusiva solo di questo tipo di anticorpi potrebbe confermare che I bambini abbiano debellato il virus prima che esso potesse passare ad una fase più matura del suo processo vitale (2).  Un’ipotesi affascinante sulla capacità maggiore dei bambini di neutralizzare il virus coinvolge, inoltre, anche i loro linfociti T, le cellule del sistema immunitario che imparano ad identificare I patogeni, riconoscendoli come estranei. Nei bambini, le cellule T sono relativamente “vergini”, non sono entrate in contatto con una vasta gamma di patogeni e questa loro maggiore sensibilità al “non self” potrebbe innescare una più violenta ed efficace risposta antivirale.  Inoltre, nei bambini che hanno contratto l’infezione, la carica virale è risultata inferiore rispetto agli adulti: il recettore ACE2, che il virus utilizza per penetrare all’interno delle cellule, è espresso in minore quantità sull’epitelio nasale dei bambini e questo potrebbe spiegare perché’ COVID-19 sia così meno efficace nell’infezione nei confronti di bersagli giovani. Come spesso accade, la spiegazione non è una sola: tutte le diverse ipotesi evidenziano sfaccettature della biologia di questo virus che ha trovato il proprio ospite ideale nell’essere umano, che dovrà sfruttare l’unicità del proprio sistema immunitario per debellarlo in maniera definitiva. 

(1) Tosif, S. et al., Nature Commun., 2020
(2) Weisberg, S. P. et al., Nature Immunol., 2020

Chiara Collesi